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PSICOTERAPIA SISTEMICO RELAZIONALE

La psicoterapia sistemico relazionale affonda le sue radici intorno alla metà degli anni 50’ del secolo scorso, con la nascita della terapia familiare.

Nonostante il coinvolgimento della famiglia esistesse già nella pratica clinica e specialmente in quella sociale, questa non aveva ancora alla base riferimenti teorici, che arrivarono solo grazie al lavoro di ricerca della scuola di Palo Alto che, sull’onda della frattura epistemologica che stava attraversando i primi decenni del novecento, elaborava le prime teorie familiari.

Tale prospettiva conferisce molta importanza all’ambiente e al contesto intorno all’individuo, il quale interagisce con esso donandogli un senso e al tempo stesso, traendo un senso da questo. Non sorprende, dunque, che l’orientamento sistemico-relazionale, legando il comportamento dell’individuo all’ambiente in cui è vissuto, ha posto sin dall’inizio un’attenzione particolare al ruolo della famiglia, in quanto principalmente coinvolta dagli eventi problematici del paziente. Ne deriva che ogni comportamento, ogni sofferenza e disagio sperimentati, non possono che essere letti e concepiti all’interno del contesto in cui questi prendono forma e quindi, principalmente e primariamente - ma non solo -, entro il contesto familiare. Nelle famiglie infatti, si potevano osservare dei modelli comunicativi ripetitivi che veicolavano implicitamente le regole del funzionamento familiare. La modifica di modalità comunicative, laddove fossero disfunzionali, poteva, secondo gli studiosi, consentire alla famiglia di creare un nuovo equilibrio intorno al quale ripristinare il proprio funzionamento.

La terapia oggi, ha ampliato il focus centrato sulla famiglia e viene più generalmente definita “sistemica”, in quanto il malessere del paziente non viene visto come mero problema del singolo, ma come espressione del disagio di uno dei suoi sistemi di appartenenza (famiglia, coppia, rete amicale, gruppo di lavoro), e “relazionale”, poiché considera la dimensione individuale come risultanza delle esperienze relazionali del soggetto nel corso della sua vita.

Partendo dunque dall’assunto che l’individuo non è disgiunto dagli altri, ma è parte integrante di un sistema, dove la famiglia non è che un esempio, la nascita del sintomo, che spesso porta il nucleo familiare o il paziente in terapia, va quindi considerata come la spia di un sistema che non può più funzionare secondo le stesse regole. L’individuo che si fa portatore del sintomo, è il paziente designato, che però esprime un conflitto dell’intero nucleo, di cui quindi, ne diviene il portavoce inconsapevole. La prospettiva sistemico-familiare ha visto l’elaborazione di diversi modelli di funzionamento familiare in cui la nascita del sintomo, in generale, può essere considerata non solo il modo di esprimere un disagio familiare ma anche il mezzo attraverso cui la famiglia tenta di risolvere questo disagio.

Durante la terapia, sebbene l’approccio si focalizzi nel “qui ed ora”, si tiene conto della storia familiare e trigenerazionale che va ad influenzare il contesto relazionale di riferimento. Lo scopo della terapia è quello di modificare i modelli e le dinamiche disfunzionali presenti all’interno del contesto relazionale e che generalmente si ripropongono nei vari contesti di vita comportando difficoltà che possono manifestarsi in qualsiasi ambito (amicale, lavorativo etc.), attraverso un processo di co-costruzione, che coinvolge attivamente il terapeuta e il sistema, consentendo così all’eventuale paziente designato la possibilità di abbandonare il sintomo.

Alla luce di ciò, non stupisce che il contesto elettivo della psicoterapia sistemico relazionale sia quello per l’appunto in grado di coinvolgere il sistema (coppia/famiglia/gruppo) entro cui l’individuo dà e trae i propri significati, ma ciò non significa che il setting individuale sia meno opportuno o confacente. In molti casi, in ragione dell’età anagrafica o per una reale difficoltà del coinvolgimento del sistema relazionale di riferimento, viene prediletto un setting individuale, ma anche se l’individuo entra da solo nella stanza del terapeuta per affrontare un proprio percorso, il terapeuta ha ben presente che egli porta con sé tutte le relazioni significative che hanno caratterizzato la sua esperienza fino a quel giorno.

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